lunedì 23 settembre 2013

Il soldato (di cacio)

No, non sono sparito. Mi ero appisolato ( e non ditelo agli altri sei nani, che dopo bisogna coniare neologismi tipo "ammammolarsi o accucciolarsi). Segue racconto. STOP.

Gionni Pep era stato addestrato sin dalla sua nascita a combattere e annientare il nemico nei più letali ed efficaci modi. Pistola, corpo a corpo, machete, coltellaccio, bastone spuntato, frutta fresca... non aveva importanza; lui era in grado di battersi con qualunque arma e di vincere contro qualunque nemico. Aveva partecipato a diverse missioni di pace, al Viet-fottuto-nam, alla guerra civile americana, alla battaglia di Waterloo, alla guerra dei cento anni. Solo per citarne alcune. Era alto quasi 193 cm, le spalle più larghe di un armadio a 3 ante, i muscoli guizzanti sembravano essere stati scolpiti da un maestro di motosega, tanta era la loro perfetta potenza.
Gionni Pep quella mattina si vestì, impeccabile nella sua mimetica e armato di tutto punto, si avviò verso la soglia di casa per uscire ma mentre stava turnicando la miniglia scoppiò in un pianto a dirotto, gli occhi rossi e gonfi di lascrime, trattenute per troppo tempo con l'assurda convinzione che sarebbe riuscito a respingerle come le altre due volte che in vita sua stavano per sgorgare (a 1 e 3 anni). Pianse per una buona mezz'ora, per l'angoscia della situazione che stava per affrontare, situazione a cui tutte le battaglie passate non l'avevano preparato. Per la prima volta in vita sua il soldato scelto (da chi non si sa) Gionni Pep ebbe paura. Alla fine però si fece forza, uscì di casa, e si avviò verso l'agenzia interinale. 

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